con i segni
MASSIMO GUASTELLA

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IO E LA FALCE - mater. vari su tav. cm 50x60. 1991

A partire dagli anni settanta ad oggi il percorso intrapreso da Uccio Biondi è tutt'altro che omogeneo, tenuto conto che è giunta ad aborrire coraggiosamente la pur cospicua produzione figurativa dopo un travagliato periodo tra scorso in silenzioso isolamento.
Dunque attorno alla prima metà degli anni ottanta la svolta radicale: il pittore che "dipingeva in dialetto" approda a espressioni artistiche gestuali/astratte lambendo sfuggevolmente i linguaggi dell'informale nazionale e sopranazionale - Vedova, Burri, Afro, Hartung, Kline Tàpies - e più recentemente le esperienze di Music senza tuttavia vincolare le sue risultanze a particolari citazioni.
Peraltro il "tradimento" della figura un passaggio certamente non indolore, ha assunta il significato di un costante e graduale allontanamento da una realtà oggettivo caotica e complessa. Nondimeno, ora, egli individua le problematiche attuali e le affronta affidando il processo creativo alla visione interiore, in grado di scavare nella memoria alla ricerca delle persone, oggetto, awenimenti e luoghi reali della sua vita. La società contemporanea si mostra a Biondi intrisa di superficialità e incoerenza; la vita quotidiana afflitta da una piatta serenità apparente. Di ciò risente l'artista che nella situazione odierna dell'arte contemporanea corre il rischio di essere assorbito nella confusione e nella proliferazione delle tendenze, nell'autoreferenze della critica, nella riduzione del portato della funzione artistica. È in questo contesto che sorgono le diverse proposte estetiche che si rapportano proprio can la crisi della funzione dell'arte nel nostro tempo. La funzione dell'arte non può che essere carica di problematicità al pari delle altre attività umane partecipi della Storia. Una storia che minoccia di esaurirsi nello sterile raggiungimento di uno status da parte dell'individuo.

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ROSSO - mater. vari su tav. cm 115x110 - 1991(coll. Baldassarre-Parma)

Biondi da parte sua - mutuando da Sciascia sono tentato di dire "dallo parte degli infedeli" - osserva con amarezza quanta le relazioni tra le idee che muovono le vicende umane siano tormentate e brutalizzate dall'appagamento materiale.
Nella convinzione "politica" che la funzione dell'arte sia sostanzialmente pedagogica, Biondi rinuncia od una rappresentazione secondo linee chiare e forme definitive inverosimilmente educative e annulla le icone tratte da una realtà affollata da idoli che falsano l'immagine sociale, ormai prodotta e diffusa dai mass media, veri e propri simulacri, "prope nihil".
L'azione artistica di Biondi procede in un "mèlange" di gestuale, astrazione cromatica e figurativo, avvalendosi di opzioni che gli consentono di raggiungere risultati del tutto personali e originali.
Taciturno e solitario, fuori da etichette o gruppi, al pari delI'incedere in fila per uno, proprio degli artisti di questo scorcio di fine secolo, Biondi muta il registro della comunicazione al prossimo: operatore culturale accoglie le trasformazioni del sistema che se non si attuassero bloccherebbero il corso della storia; operatore estetico avverte talune istanze di crisi trasferendole nel progetto artistico.
Le "informazioni estetiche" organizzare nello spazio/quadro mediante una destrutturazione analitica s'inseriscono nelle composizioni di pittura, disegno, impasto, scrittura. Nell'analisi, che è introspezione, Biondi carpisce a se stesso i propri limiti confrontabili con i limiti comuni a tutta l'umanità. Le opere sono letteralmente costruite: il pittore vibra pennellate vigorosamente gestuali alternandole con zone ampie di colore; il muratore impugna la cazzuola per sovrapporre la malta alle campiture; il poeta descrive in versi l'ansia della sua ricerca. L'indagine è a ritroso, un "rimanere dentro" l'irriflesso degli stati emozionali per riformulare mnemonicamente vicende legate al ricordo.
Dalle "pareti mute" non si evade verso soluzioni mediocri o alienanti e non vi regressione. Piuttosto un Biondi/Odisseo indica i lidi dì partenza per una fuga in avanti che annuncia la possibilità del cambiamento e la capacità di "andare oltre" tracciando rotte che superano ogni confine, per intanto quello fisico che perimetra il supporto. Sulle "pareti mute" movimenti tettonici aprono crepe da cui emergono rievocazioni della memoria. Le fessure, gli squarci, i graffiti sulla plastica malta sono segni di "sismi" vissuti. Tra le "pareti mute" l'artista incontri la sua infanzia e scopre i processi formativi della sensibilità estetica. Il memoriale infantile si rivela tanto gioioso e sereno quanto lontano e irraggiungibile. Ma non adombrato da nostalgia, Biondi è pronto a ripartire a bordo di aquiloni e barchette di carta e a percorrere itinerari tracciati con paglia e corda.
La scommessa è sull'oltre della Storia che non può finire nell'allegra ignoranza dei valori spirituali che si collocano aldilà dei luoghi e dei tempi. "... Aldilà il fantasma..." scrive: Biondi nelle sue liriche. Il fantasma dello spirito dell'uomo, nato sulle terre di marca "Ebano", nutrito dalle donne vestite in nero, educato con dettati elementari, cresciuto sul cavallo a dondolo, vocato al misticismo e all'iconofilia, acculturato dagli stilemi del barocchetto locale, colpito duramente dalle tristi e cruente esperienze di una guerra inattesa, celato appena dietro carte valine strappate, che trovo corrispondenze nelle opere utopiche e ucroniche di Uccio Biondi.