informel
ROLANDO BELLINI

Domenico Biondi. Di lui ho visto una mostra protratta in giorni sufficienti a farmi scoprire questo pittore facitore di tele, cartoni, tavole, carte astratte informali di rara pregnanza.
...di Biondi era in galleria un gran quadro. Un quadro dominato dai verdi smaglianti e cupi come quelli di Kandinskij, percorso come da venature di nero pece che, evocando il segno grotesque di Mirò, la materia di Fautrier, si volgevano poi per più convincenti affinità ad Hartung e Mathieu. Un dipinto animato, percorso anche da splendidi e freddi grigi, ora trasparenti a tratti lucidi come metallo, ed ora opachi, densi, più spessi del nero.

  dalle scale l'isola felice
  L'ISOLA tecn. ms. su carta su tavola - cm 100x90 - 1989
[...] Biondi ci indica la posizione appartata fuori dai flussi e riflussi di quel gusto che come insegna Dorfles sono strettamente legati a forze e a fatti estranei all'atto creativo artistico (ma forse non del tutto, non sempre: cosicché i vecchi determinismi, la lezione del Taine torna ad agire, magari filtrata da mediocri come un Atal: le pieghe oscure del come e del perché di tanta contraddittoria e confusa contingenza lasciano, ahinoi, fin troppi varchi a siffatte e ben peggiori avventure interpretative). [...] Nel suo "fare" Biondi, si libera d'ogni potenziale interlocutore. Qui sta il senso profondo della pittura che può voler dire anche distacco, dispersione di tali e tali riferimenti, smemoratezza liberatoria cosciente. È dunque
una sorta di avvertimento al "saper vedere".
[...] L'analisi formale, lo scavo puntuale dei segni, delle campiture, delle composizioni, degli spessori che generano le animate visioni, l'analisi delle opere astratte/informali rivela la libertà, la individualità irriducibile del suo linguaggio formale.
La constatazione, qua sicura là meno netta, d'una coordinata espansione strofica che - vedi caso! - sotto sotto, ritrova evocativamente una eco lontana delle composizioni stellari di G . Apollinaire 1904/5, ovvero richiami alle guidate diagonali improvvisazioni di Kandinskij -1910 -, non sorprende. Tutti i segnali indulgono ad un recupero semantico che è inalienabile e costitutivo dei nuovi segni svolti dalla odierna "avanguardia (e forse si rivela una pungente critica nei confronti delle appassionate avventure strutturalistiche che negli anni settanta ci hanno preso, hanno coinvolto pure me, nel suggestivo intento di trovare una inedita clavis linguistica che consolidasse la libertà e l'autonomia raggiunta dal'arte, ma sempre minacciata da imprevedibili ritorni di egemonia della parola, aiutata dalla trionfante anacronistica iconologia). Pertanto, Domenico Biondi partecipa in questi termini, i suoi termini, all'avvento dell'arte del tempo presente, imprevedibile mondo di inedite forme che costituiscono una nuova, incessante frontiera.