UCCIO BIONDOI METTE IN SCENA LA CULLA DELLE ALBE
MASSIMO GUASTELLA

(...) I lavori della Culla delle Albe, titolo dell'altopittura che introduce e tira metaforicamente i fili della mise-en-scène, appartengono al più recente periodo di lavoro (2012-2017) e traggono spunto da 4.48 Psychosis, ultimo monologo teatrale di Sarah Kane. E' il testamento spirituale della scrittrice britannica dell'in-yer-face theatre; priva di speranze e depressa indica alle 4.48 l'appuntamento statistico con il suicidio. Non può sorprenderci se con riferimento autobiografico al martirio fisico, Biondi vi coglie il senso della vite e il viaggio verso la morte e la volontà di rinascita, la culla di nuove albe. Biondi "riscrive" le suggestioni drammaturgiche e le impersona nelle forme plastico-pittoriche femminili, l'altra parte di se. I ritratti li ricalca dal vero e ottiene come nella tradizione teatrale ispirata alla vita. Volti monocromi di donne senza corpo si innalzano su esili steli. Erme che basta un niente per far oscillare, e come ninnarle in culla.
Qui la cornice è inconsueta: il museo luogo di testimonianze dell'antichità.
<<La culla e l'alba, luoghi del non detto, del non visto, dell'inascoltato, del non avvenuto>>, come divulga Biondi, non entrano in dialogo con lo spazio e la collezione archeologica. Lo chiarisco a chi ingenuamente osservasse con ostinato gerco critico degli anni '70 - '80. La netta distinzione è fondamentale: solo dalla differenza e dalla consapevolezza dello scarto tra il sé e l'altro, avverte il filosofo francese Francois Jullien, si ootengono nuovi elementi di indagine; è un occasione per ritrovare e poi scombinare e infine far emergere il "tra", cioè il punto di partenza per la ricerca di quel che è in comune. Le colorate "fantasmine", mélange di più procedimenti stilistici tra pop art, concettualismo e artepoverismo, ibridano il luogo, non per consuetudine all'installazione o alla disseminazione ambientale; perchè l'intenzionalità dell'artista è mettere in scena: per scompigliare, o meglio attuare un corto crircuito visivo che confonde il trascorso storico con l'attuale, nella rapida successione di sguardi tra passato e presente. Le maschere contemporanee, mentre occupano un territorio insolito, non perdono di vista ciò che è comune - il "tra" come dice Jullien -, le maschere teatrali femminili loro antenate, effigiate sul cratere protoapulo da un epigono della cerchia del pittore di Tarpoley, e gli altri reperti. Sembrano guardare anche noi è inaspettate compaiono, una a una, quasi a dirci <<guardatemi, guardatemi, guardate>>*, posizionate accanto a finestre, angoli e teche, in una dimensione sospesa a metà fra universo materiale e spirituale.

*Da Sarah Kane, 4.48 Psychosis (1999).