LA SPOSA IMPOSSIBILE
SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI

E se la sposa fosse la metafora di quell’impossibile” desiderio che riempie senza fine l’ultimo sogno dell’artista? Quel sogno che nessuno di noi può vedere sino in fondo senza il terrore dell’annientamento?
Uccio Biondi, nella pienezza della coscienza, ama perdersi per poi ritrovarsi attraverso l’incontro con l’Altro, riflesso speculare di una Alterità indistinta con la quale un giorno noi tutti siamo stati fusi e confusi esperendo uno stato di beatitudine difficile da dimenticare, la cui mancanza genera l’inesauribilità del desiderio.
L’“impossibile”, dunque, rappresenta quel gioco che all’infinito unisce e separa: è questo forse il segreto della fascinazione nascosta nei labirinti invisibile delle immagini delle Arti che ospitano gli universi molteplici della mente alla ricerca dell’amore, di quell’Assente che nostalgicamente riempie tutta la vita. In tal senso l’artista con il filo rosso di “misteriosi gomitoli” ci conduce, alla maniera di Arianna, metafora dell’anima del mondo, nel “luogo del divieto”, là dove si struttura l’inaccessibilità del linguaggio, nucleo sfuggente della nostra identità, tutto ciò che “sfugge al discorso”. In quel “non luogo” è racchiusa la nostra natura che appare trasfigurata nelle forme visibili della pittura e della scultura. Si ricrea la scena originaria che costituisce la sostanza dell’opera d’arte, una realtà-irreale che alimenta l’illusione di aver trovato quell’Oggetto impossibile che non avremmo mai voluto perdere. È per queste ragioni che, a volte, si preferisce pensare ad un amore che poteva essere e non è stato, piuttosto che vivere la realtà di quell’amore che consente la separazione dall’Oggetto perduto. Si tratta, infatti, di svegliarsi da un sogno e sentire di essere in compagnia del proprio Sé, consapevoli di essere soli. Biondi costruisce figure femminili che contengono il seme di ogni realtà, della scelta che conduce oltre il confine dell’Eden, del processo di soggettivazione che dipinge il mosaico cangiante del mondo sì che l’Essere manifesti i suoi volti infiniti e si sveli a se stesso.
(...) Biondi, attraverso le sue Opere, condivide con noi il suo sogno, in parte svelando il suo Sé arcaico, le cui radici sono in un altro “corpo”, ovvero in quella dimensione in cui si struttura la corporeità e il successivo percepire di “essere nel proprio corpo”. Soltanto in questo caso è possibile svegliarsi dal sonno e riconoscere se stessi nel mondo all’interno di un rapporto di reciprocità.
In tale intimo dialogo si colloca la nascita della creatività e di una nuova immagine di un Sé integrato in  grado di “vedere” con un altro sguardo anche “l’Altro da sé” che invero è “l’Altro di me”.
(…) L’artista, con la sua “Sposa impossibile”, ci riconduce per alcuni aspetti, alla “Sposa del vento” una delle opere più note di Oskar Kokoschka (1914), a quella intimità sempre sognata che alimenta il senso della nostra vita. Si illuminano così gli oscuri meandri della memoria e appaiano scenari e visioni, ricordi, epoche di avvento. Le radici del futuro.
Il maschile si accorge di essere stato generato dal femminile, da quel principio universale che faticosamente trasmette la vita e con questa la storia, le immagini, i suoni, le parole, le emozioni e gli affetti per consegnarli, se pur illusoriamente, all’eternità.
Le Arti, dunque, e la creatività che le genera e le sostiene, riguardano, in ogni caso, la separazione e la possibilità di tollerare la perdita di quella primitiva “percezione di contatto” attraverso la quale transitano i pensieri. Per tali ragioni Biondi evita l’anoressia figurale che dilaga nella nostra realtà, multimediale e  finanche virtuale, opponendo all’anti-racconto dell’arte e del corpo, la narrazione del “corpo dell’arte” la cui essenza si struttura nell’interazione complessa dei sensi e di quel Senso sempre aperto che invita alla conoscenza.
Le Opere di Biondi si inscrivono in quella dimensione che si pone come ponte e passaggio tra corpo e mente determinando la nascita di un linguaggio Altro. (...)