segni dipinti
LUCIANO CARAMEL

aia

KUNTA KINTE - mat. vari su tav. cm110x120 - 1994

... L’ultimo Biondi, il più complesso e maturo, allaccia il discorso con quello, interrotto, delle prime sue fasi. Però, da un canto con una stringente allusività, con un lasciarsi andare alla rimembranza, mai alla descrizione, con un dire solo all'apparenza più circoscritto, e invece carico di impliciti, polidimensionali rimandi: fantastici, rievocativi, e sempre intensamente poetici. E d'altra parte con una totale risoluzione nella pittura, giacché il ricorso alla malta mescolata al colore e agli inserti oggettuali medesimi, spesso tutt'altro che secondari, anche quantitativamente, diventano pittura.
Una pittura che può essere vero e proprio muro, che ingloba lacerti di corte stampate, di chiodi, filo di ferro e di quant'altro serve a Biondi insieme quale materiale 'pittorico', ai fini della determinazione dell'immagine, e quale strumento di veicolazione di senso. Strumento, va avvertito, che non rimando ad altro simbolicamente, neppure con la particolare simbolicità che è propria di quel messaggio oggettuale con cui si identifica il 'linguaggio' artistico, in specie nelle sue declinazioni tridimensionali o anche, come qui, non solo bidimensionali.Le barchette costruite, come fanno i bambini, con frammenti di giornale, o gli altri spezzoni memoriali intervengono nel costrutto pittorico con la freschezza della loro eloquente, o reticente, presenza, non con riferimenti mediati, in cifra. E in una direzione dei tutto altra nei confronti degli assemblaggi neo-dada americani. Né solo per la delicatezza degli accordi, per la sensibilità sottile degli accostamenti, anche proprio oggettuali, ma per la quantità dell'iconosfera cui Biondi si riferisce, non, come invece in Rauschenberg, metropolitano ed usurata dalla civiltà consumistica, ma ricca di significati antichi, e sempre viva, mai travolta dai ritmi distruttivi tutt'altro che paradossalmente imposti dalla produzione industriale... Il cerchio si chiude, in un certo senso. Biondi riprende l'articolazione significante della pittura che dagli inizi l'aveva stregato. La mira è però più disincantata. Sempre diretta al vissuto, all'uomo e alle sue tensioni vitali, non si lascia incantare dal fascino di obiettivi all'apparenza più diretti e sostanziosi, ma in realtà, nella loro importanza, propri più di altri campi di intervento. A meno che non si riesca ad attingere l'epica, Ma il nostro non è tempo di epica. Semmai di slanci lirici, di canti appassionato, o di speranza.
Ed è questa una dimensione in cui non hanno più cittadinanza distinzioni desuete quali quelle tra astratto e figurativo, per cui Biondi, con conquistata libertà e con più segreta efficacia, può usare ogni corda, anche quella di una semantica più esplicita.